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Il mio nome è Khan

Rizvan Khan (Shah Rukh Khan), indiano di religione mussulmana emigrato a San Francisco per vivere con il fratello e la cognata, è affetto dalla sindrome di Asperges, forma lieve di autismo (“il che non significa che sono stupido. Sono molto intelligente, solo non capisco la gente. Non capisco perché la gente dice cose che non pensa. Per esempio mi dicono: “vieni quando vuoi, e quando vado mi chiedono: perchè sei venuto a quest’ora?”).

Naif e simpatico, si innamora di Mandira (Kajol), una ragazza madre di religione induista e nonostante le proteste della famiglia, la sposa. I due sono felici fino all’11 settembre quando l’immane tragedia delle Torri Gemelle cambia il comportamento degli americani nei loro confronti. Mandira, sconvolta dagli eventi lascia Rizvan il quale, nella sua attonita semplicità, confuso e arrabbiato, comincia un viaggio attraverso l’America ostile alla ricerca dell’amata, percorso iniziatico contro l’odio e i pregiudizi, visto da un Forrest Gump post 9/11 che si presenta così: “Salve, mi chiamo Khan e non sono un terrorista”.