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Il fascino discreto della borghesia

Un gruppo di borghesi (due coppie, una ragazza e l’ambasciatore di una nazione latinoamericana) non riesce a ultimare un pranzo di società, e passa attraverso una serie di assurde vicissitudini. Di tanto in tanto, li ritroviamo a camminare per una strada di campagna. Nel pieno della sua seconda giovinezza (tra i sessanta e gli ottant’anni), Buñuel rimane il vecchio surrealista di sempre – anzi, forse il maggior artista surrealista di tutti i tempi – anche quando abbassa il tono del racconto e approda a un capolavoro di understatement. Una sceneggiatura piena di un continuo, quieto e devastante senso dell’umorismo; la sordina messa a tutti i movimenti; l’arma micidiale dell’ironia – una delle più terribili a disposizione del borghese, diceva Pasolini – rivolta contro la borghesia stessa. La rabbia ha fatto posto a un sentimento amarissimo e nichilista, che preserva il film dall’invecchiamento. Magistrali i momenti sadomaso, indimenticabile il prete giardiniere armato di fucile. Oscar per il miglior film straniero, ma ovviamente Buñuel non andò a ritirarlo. (emiliano morreale)