I

Il club delle promesse

Kathy (Giovanna Mezzogiorno), Yann (Pierre Palmade), e Tara (Nathalie Corré), sono tre amici nati e cresciuti in un’isola bretone di pescatori che si giurano eterna amicizia prima di andare a vivere a Parigi. Kathy diviene capo contabile di un’agenzia pubblicitaria, tiene gli uomini fuori dalla sua vita (il bel collega Romain che le fa una corte insistente) e si rifugia nel trio di amici; Yann, gay esuberante, è addetto stampa di una stilista e felicemente convivente; Tara oscilla tra la bulimia e inutili diete per compensare l’infelice convivenza con un professore meschino che in fondo non ama. Quando Yann scopre di essere affetto da un tumore, esige dalle amiche, per la loro stessa felicità, la promessa di mettere a posto le loro vite sentimentali, così Tara dovrà lasciare il professore che la prosciuga e Kathy dovrà sedurre il collega respinto. Inutile dire che finirà a tarallucci e vino (o meglio, a brindisi con champagne), dopo un’ora e mezza senza il minimo balzo inventivo nella sceneggiatura, e con un ritmo (catatonico quasi) da commediola sgangherata.

Al suo esordio alla regia, l’attrice Marie-Anne Chazel – che pure viene da un’esperienza di commedia teatrale, quella del Theatre du Soleil, da lei fondato a fine anni Settanta assieme ad attori oggi noti come Christian Clavier e Michel Blanc, autentiche icone della comicità in Francia e in Belgio – spera di far centro con un soggetto facile e «leggero», adattando il romanzo irlandese
Last Chance Saloon
di Marian Keyes (mai edito in Italia, vorrà dire qualcosa?) e pescando a piene mani nei cliché collaudati di una certa commedia sentimental-melensa di stampo nordico. Ma tutto – dalla nevrosi omofobica di Kathy, alle frustrazioni amorose di Tara, all’arguzia fasulla di Yann – risulta forzato, prevedibile e presto noioso. Sarà che noi grossolani italiani certo umorismo francese non lo capiamo (anche se commedie ben più sofisticate come
Il gusto degli altri
e
Così fan tutti,
dell’accoppiata Bacri-Jaoui, hanno avuto grande successo). O è più onesto dire che il soggetto era mediocre in partenza ed è stato trasposto con poco mestiere e molta ingenuità. Di certo, personaggi piatti (per quanto siano bravini gli interpreti), storia datata (questi triangoli amicali erano una novità a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta, oggi non dicono niente di nuovo) e regia impercettibile, condannano questo film a non essere nulla di più di una delle tante anonime commedie di stile televisivo per le serate fiacche.

Intanto la stampa nostrana e soprattutto i Tg fanno un gran parlare del nudo della Mezzogiorno (ma guarda caso glissano sul valore del film), che a sua volta si stupisce di tutto questo stupore e risponde che non lo ha mai fatto prima perché i copioni non lo prevedevano. I voyeur o i fan della brava Giovanna (detto senza ironia, anche se la sua eredità drammatica la rende un po’ rigida rispetto agli altri due attori) non resteranno delusi dalla scena di sesso (niente di così ardito) e dalla sua naturalezza. Se questo vale il biglietto…
(salvatore vitellino)