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Il Casanova di Federico Fellini

In una Venezia completamente ricostruita in studio, le avventure erotiche (più ossessive che galanti) di Giacomo Casanova. A modesto avviso di chi scrive, il capolavoro del tardo Fellini, uno dei suoi film più estremi e meno «recuperabili». Una agghiacciante rivisitazione della sessuomania/sessuofobia italiana, ma anche una geniale archeologia della modernità. Negli anni in cui Foucault pubblica
La volontà di sapere
, tre grandi registi si ispirano – direttamente o indirettamente – al Settecento per tre capitoli definitivi sul potere e il dominio, anzitutto sessuale:
Casanova, Barry Lyndon
e
Salò
. Tre pellicole diversamente maledette, catatoniche, che sembrano popolate da zombi. Questo è il Fellini più nero, assolutamente horror, con un Sutherland piovuto dallo spazio ad abitare un Settecento di panopticon e automi, freaks e cimici. Un film di assoluta monotonia (quasi da porno), con una musichetta che non sembra neanche di Nino Rota. Un set mentale, che somiglia solo a certi cerimoniali di Carmelo Bene: un’esperienza visiva plumbea e ipnotica.
(emiliano morreale)