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Il canto di Paloma

La madre di Fausta, una ventenne peruviana, sta morendo e le ricorda cantando che lei è stata allattata con “il latte del dolore” perché nata negli anni Ottanta, anni in cui terrorismo e stupri erano all’ordine del giorno.

Dopo la morte della madre, Fausta vorrebbe offrirle un funerale degno di questo nome ma i pochi soldi sono stati tutti investiti nei festeggiamenti per l’imminente matrimonio della cugina. Lo zio però vuole che il cadavere venga seppellito prima delle nozze.

Fausta che vive in una baraccopoli alla periferia di Lima cerca di vincere le sue paure e trova lavoro come cameriera presso una pianista. Spera così di mettere insieme una somma adeguata per le esequie.

Fausta è un personaggio dall’assoluta originalità. Ha fatto del suo corpo un vero e proprio terreno. Perché il terrore di essere violentata l’ha spinta ad inserire una patata nella vagina e il tubero ha preso a germinare. Il terrore nei confronti degli uomini Fausta lo ha veramente succhiato con il latte e sembra incapace di liberarsene per volgersi verso una “normalità” accettata e consapevole.

Intorno a lei sopravvive un mondo di miseria che contrasta in modo stridente con la vita che si conduce nei quartieri alti.

Film vincitore dell’Orso d’Oro alla 59a edizione del Festival