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I lunedì al sole

Nord della Spagna, una città dal florido passato industriale, oggi zona depressa. Un gruppo di amici, ex colleghi di lavoro, sono stati licenziati, tre anni prima, dal cantiere navale dove lavoravano, dopo giornate di lotta sindacale. Santa non ha famiglia, vive in un alberghetto sudicio, per arrivare a fine mese si arrangia come può: volantinaggio, baby sitter. Josè è sposato con Ana, che fa i turni di notte in una fabbrica che inscatola pesce. Si incrociano appena, parlano poco, ma Josè non fa nulla ed è mantenuto da Ana. Lino è un uomo di mezza età, con moglie e due figli. Non vuole rassegnarsi alla sua situazione da disoccupato e così ogni giorno va a colloqui di lavoro dove cercano ragazzi molto più giovani di lui. Amador è il più anziano di tutti, vive praticamente al bar, aspettando che sua moglie ritorni in città. Rico, invece, con la liquidazione del lavoro ha comperato un bar, le cose gli vanno bene e così ospita i suoi amici tutto il giorno e tutta la notte nel suo locale. Rico ha una figlia di quindici anni, molto sveglia e innamorata di Santa. Il tempo, le giornate, per questi uomini passano in maniera strana, diversa da tutto il resto della città. La cosa più strana è proprio come riuscire a impiegare il tempo. C’è chi beve, chi si inventa di tutto pur di sopravvivere e chi, invece, ha accettato con rassegnazione la propria situazione. Ogni giorno uguale all’altro, nulla può cambiare, a parte la morte di un amico o il tradimento della propria moglie, ma alla fine si ritorna sempre nello stesso immobilismo di sempre. Ottimo film di Fernando Leòn de Aranoa, ormai al suo terzo lungometraggio. Una pellicola che richiama il migliore Ken Loach, o che nei temi trattati fa venire in mente
A tempo pieno
di Laurent Cantet, anche se ovviamente il contesto è diverso. Eccezionale, come sempre Javier Bardem, che pare proprio non sbagliare un colpo. Perderselo sarebbe un vero peccato.
(andrea amato)