I

I cento passi

Cento passi sono la distanza fra la casa di Peppino Impastato e quella di Tano Badalamenti. Fra il capo mafia di Cinisi e il suo più tenace e battagliero oppositore. Cento passi sono pochi nella realtà, ma al cinema possono avere un peso notevole e indicare a un tempo la contiguità fra i due protagonisti e la distanza che Peppino si è faticosamente conquistata. Un’idea cinematografica forte, insomma, che viene probabilmente dalla sceneggiatura ed è sottolineata dal titolo, ma che nel film però non è espressa. Quando Peppino spiega al fratello Giovanni quanto vicini a loro sono gli assassini, la macchina da presa di Giordana li segue per due, tre passi. Poi un taglio, e siamo subito alla fine del conto: novantanove e cento. Esigenze televisive, primato del ritmo o chissà cos’altro: non sappiamo quali siano le ragioni di questa scelta e di altre come questa disseminate per tutto il film. Certo è che Giordana, a dispetto dei dolly , del rallenti finale e dei chiaroscuri che ordina a Francesco Forza, non crede alle risorse del linguaggio cinematografico. O, peggio, non ne ha una chiara coscienza. In questo modo la storia di Peppino Impastato, figlio di una famiglia mafiosa che tradisce la sua classe e si sceglie un destino diverso, perde l’occasione di diventare una riflessione morale sul valore delle scelte individuali. Totalmente privo di senso del tragico, Giordana conduce il film verso le anodine rive del film di formazione, facendo rientrare nell’alveo dei normali conflitti generazionali il conflitto di Peppino con il padre, espressione dei valori tradizionali (e, nello specifico, mafiosi). Peppino era ribelle come, forse, lo è stato Giordana da giovane, e come sicuramente amano retrospettivamente sentirsi tutti gli spettatori cresciuti negli anni Settanta. Quindi, un po’ di politica, qualche spinello, qualche tetta (ma da lontano) e soprattutto un diluvio di musica a riempire ogni buco della colonna sonora. Ma se all’attacco di
Susanne
di Leonard Cohen, per non dire degli abusatissimi Procol Harum, tutti noi proviamo un senso di malinconica nostalgia è perché ci vengono in mente il primo amore, il primo concerto, perfino la prima occupazione (il kit Muccino completo, per intendersi): e cosa c’entra allora Impastato, che dalla mafia si è fatto ammazzare. Questa richiesta di compassione è indecente. E il sospetto che Giordana sia peggio che inadeguato al suo soggetto non ci lascia più.
(luca mosso)