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Grazie per la cioccolata

La Svizzera del cioccolato. La Svizzera apolide delle cliniche di lusso e delle spider lungo il lago di Lemano. La Svizzera, isola ricca nel cuore dell’Europa unita. Come spesso accade nei gialli firmati da Claude Chabrol, sono gli elementi di contorno a fornire dei dettagli fondamentali alla comprensione del progetto.
Grazie per la cioccolata
è la storia di un veleno nascosto nello zucchero, di persone che si scoprono diverse, che vivono la separazione tra i loro pensieri e le loro azioni. Anche qui, come nelle opere precedenti del regista francese, esiste un mistero (una morte e una nascita poco chiare). Qualcosa verrà scoperto (le cause della morte) e qualcosa (lo scambio dei figli) resterà insoluto. O forse si dissolverà con l’aria nuova del mattino. Compiendo un giro intorno all’enigma, le identità (parlando di nascita e morte si ricade inevitabilmente su questo fenomeno fondatore) non si svelano. Le due famiglie (quella del cioccolato e quella della clinica), le loro relazioni e i loro pericolosi incroci mostrano qualche segreto, qualche smagliatura nella confezione elegante in cui sono avvolti. I rispettivi figli potrebbero essere davvero stati scambiati all’atto della nascita; in fondo poco importa: ogni uomo mostra quello stesso fondo di perversità che contraddistingue la figura di Isabelle Huppert (straniera che accoglie gli amici a casa propria quasi a possederli, donna che avvelena lentamente le persone che ama, quasi per restare con il ricordo doloroso della loro esistenza e della loro fine).
Grazie per la cioccolata
è in se stesso un film sulle perversità, sulle deviazioni che la vita compie, per fatalità o premeditazione (sarà goffaggine o piano calcolato la caduta del cioccolato da cui tutto il mistero si dipana?). La stessa musica, la marcia funebre di Liszt che accompagna il film (è suonata dal musicista famoso e dall’allieva-figlia ideale) è un’altra forma di perversione. Una musica da lutto che va suonata come se fosse una parata, con vigore e senza le malinconie leggere e sinuose del gioco di polso. Questo è anche il programma seguito da Chabrol.
Grazie per la cioccolata
denota una regia pura, semplice e implacabile. Tutti i movimenti di macchina, i cambi di piano, gli stacchi di montaggio sembrano rispondere alla legge dell’economia. Tutto segue un percorso definito e tutto svia dalla comprensione del medesimo. Col passare degli anni ci si rende conto che Chabrol non costruisce gialli a tasselli da completare, ma opere piene. All’apparenza concave e invece pericolosamente ricurve verso l’esterno. Come un gorgo che ti inghiotte.
(carlo chatrian)