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Gli uccelli

La ricca e capricciosa Melanie giunge nella cittadina di Bodega Bay dalla vicina San Francisco. Segnali inquietanti si susseguono, finché sulla città si scatena un’invasione di uccelli. Gli abitanti si barricano in casa, ma gli attacchi si fanno sempre più frequenti e pericolosi. Forse il capolavoro di Hitchcock, sicuramente uno dei suoi più rigorosi e conseguenti (e uno dei più «insostenibili»). Una pellicola di cattolico pessimismo, di totale misantropia. Lo sguardo degli uccelli – vera piaga biblica – non differisce poi molto da quello dello struzzo nel finale de Il fantasma della libertà di Buñuel, ma l’ironia di Hitchcock è tutta dentro il mondo che mostra e condanna. La costruzione della vicenda è impressionante: dura due ore, e per più di metà del tempo non accade nulla. Dialoghi minimali, ma con un montaggio da sincope (alla fine le inquadrature saranno oltre tremila!) e, al termine di ogni scena, la sinistra inquadratura di un volatile. Un film perfetto sulla fine del mondo, su un’umanità che muore non per eccesso di orrore ma di banalità, per non aver più nulla da dire. E allora, forza pennuti!
(emiliano morreale)