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Garage Olimpo

Argentina, 1978. Una maestra elementare che milita nell’opposizione viene rapita dagli squadroni della morte e portata nel famigerato Garage Olimpo. Inizia per lei un incubo fatto di torture e di ambigue lusinghe, mentre le autorità fingono di non sapere nulla. Il regista Marco Bechis, che all’epoca dei fatti faceva il maestro elementare in Argentina, fu davvero imprigionato e torturato, e riuscì a salvarsi solo perché cittadino italiano. A vent’anni di distanza ricompone le esperienze e realizza uno dei film più onesti e agghiaccianti sulla banalità del Male nelle dittature latinoamericane (e non solo); una pellicola che lascia impietriti per il repentino passaggio dalla quotidianità all’abisso e alla violenza, e per la compresenza dei due universi paralleli. La città di Buenos Aires appare in squarci brevissimi: poi si è subito ricondotti all’interno del garage, dal quale non è possibile fuggire. Bechis sconta forse qualche incertezza nella parte «diurna», ma Garage Olimpo rimane un esempio di rigore della messinscena, soprattutto se si tiene conto della difficoltà del tema. I rumori e la luce al neon di questo film non si scordano facilmente, il «volo» (fisico e narrativo) finale è mozzafiato e necessario. (emiliano morreale)