E

Evilenko

Evilenko segna l’esordio (non precocissimo, il regista ha 52 anni) di David Grieco, che sullo stesso argomento aveva precedentemente scritto un romanzo
Il comunista che mangiava i bambini,
pubblicato qualche anno fa dalla Feltrinelli. La storia, che evidentemente ha affascinato «morbosamente» Grieco, si rifà al terribile «mostro di Rostov», che circa dieci anni fa riempì le cronache dei giornali di orrore: per dodici anni, Andrej Romanovic Cikatilo, grigio professore di scuola media e integerrimo comunista, ha ucciso, stuprato e mangiato più di cinquanta bambini e adolescenti di ambo i sessi. Una polizia incapace e distratta dalla caduta del regime (siamo in epoca Gorbaciov) e il fatto che Cikatilo militasse tra i collaboratori del KGB, hanno fornito al mostro una copertura tranquilla: per anni ha agito indisturbato ed è stato catturato quasi per caso e giustiziato in modo poco corretto (prima del processo d’appello) nel 1994, sebbene due istituti di ricerca occidentali avessero offerto una grossa somma di denaro per averlo vivo.

Questa è la scarna cronaca reale, che sottostà a un film che invece segue la via romanzesca, per scarsa fiducia nella forza di una ricostruzione quasi documentaria, come fece Fleischer ne
L’assassinio di Rillingtgon Place.

Grieco, per l’occasione, sceglie una strada più americana, si inventa un poliziotto, un magistrato (il bravissimo Marton Csokas) mettendolo in situazioni del tutto improbabili, e, quel che è peggio, crea un personaggio d’appoggio al magistrato, un ebreo psicanalista e omosessuale che scopre subito l’assassinio e viene da lui ucciso. La figura di un triemarginato nella società comunista, come ebreo, come omosessuale, come psicanalista (scienza non riconosciuta in Urss) vorrebbe caricare il film di una valenza simbolica a più funzioni. Invece, ahimè, lo precipita in modo sconcertante nel ridicolo, come una parodia di certi film americani degli anni Cinquanta, in cui tutto si spiegava con cascami psicanalitici che solo Hitchkock riusciva a nobilitare.

Peccato, perché, Grieco è bravissimo nel ricrerare l’atmosfera, gli interni squallidi, gli esterni degradati, nello scegliere i particolari e le facce, di grande evidenza realistica ed emotiva. Ed ha un grande attore, una maschera che sa riflettere demenza innocenza, furore e perversione, il grande Malcom McDowell. Per i primi quaranta minuti di proiezione si ha l’impressione di un grande film, poi si continua a vederlo con crescente delusione. Peccato. Sarà per un’altra volta.
(piero gelli)