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Due amici

Nunzio e Pino abitano insieme in una casa in affitto di Torino. Nunzio lavora in una fabbrica di vernici, lavoro che con il passare del tempo mina la sua salute. Pino fa un misterioso mestiere, fatto di lunghi viaggi in treno e di tappe al mercato ittico con passaggio di buste di denaro. Fa un mestiere che si intuisce poco pulito, insomma. I due comunicano poco. E in stretto dialetto messinese. Nunzio, un po’ lento ma tenero, tra un colpo di tosse e l’altro, pone sempre le stesse domande. Cui Pino risponde. Con calma. Sempre. Con affetto. Nunzio si innamora di Maria che prima lava le scale nel suo palazzo (il padrone di casa è il sempre bravo Felice Andreasi) e poi è commessa in un negozio di giocattoli. Ma il sentimento non è corrisposto. E la tosse aumenta. Gli «affari» di Pino hanno preso una brutta piega. E così i due si lasciano alle spalle la città per tornare a casa. Insieme.

Tratto dal lavoro teatrale
Nunzio
di Spiro Scimone, il film è la storia di un’amicizia. Tra due persone che, a parte l’origine e la parlata messinese, non sembrano avere granché d’altro in comune. I due protagonisti, anche registi all’esordio, sono personaggi un po’ surreali, talora divertenti, profondamente soli. Uno (Pino) per il mestiere che fa, l’altro (Nunzio) per la sua lentezza che ne fa un essere tenero ma, comunque, un «diverso». I due registi, e questo è un limite del film, mantengono una struttura teatrale di base: con gli stessi ambienti, le stesse frasi ripetute, i caratteristi che ritornano. Anche se il quadro si allarga al di là del palcoscenico. Un quadro dolente, di due uomini non più ragazzi dal futuro incerto, ma non colorato di rosa. C’è molta poesia, in questo film, in questa strana amicizia, nei sogni di Nunzio che prega, che ama, che spera. Ma c’è anche tanta angoscia. Accolto, con successo, alla Mostra del Cinema di Venezia 2002.