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Così fan tutti

Agnès Jaoui si presenta con il suo terzo film – il primo era
Aria di famiglia
(1996), dove la regista era cosceneggiatrice e attrice, il secondo

Il gusto degli altri
(2000) – riproponendo uno spaccato ambientale e sociale esaminato con grande eleganza e con una struttura similare agli altri due: una serie di personaggi che ruotano intorno a un protagonista-astante che diventa un po’ il capro espiatorio di tutti gli egoismi e le negatività del gruppo.

Se ne
Il gusto degli altri
era l’industriale allocco che tentava di farsi accettare in una consolidata èquipe di intellettuali, qui è la figlia-cicciona di uno scrittore di successo a subire sia l’indifferenza del padre che le pressioni di chi di lei si serve per arrivare a lui.

La Jaoui, che qui si riserva come attrice il ruolo di moglie di uno scrittore in cerca di successo nonché maestra di canto della figlia dello scrittore famoso, disegna con consumata maestria un rondò di personaggi e situazioni che mettono in risalto narcisismi, egoismi, ipocrisie di un ambiente borghese, e qui letterario, dove ognuno è chiuso nel proprio inferno esistenziale. O meglio: purgatorio esistenziale, perché la regista, che non ama le tinte forti, si mantiene nell’alveo di una commedia acre e ironica, che in Francia ha teatralmente e cinematograficamente una lunga tradizione, i cui antecedenti sarebbe troppo lungo citare.

La costola forte del film è una sceneggiatura abilissima, che con poche battute riesce a inquadrare il personaggio preso di mira e a costruire situazioni penose e ridicole senza scampo. Personaggi sgradevoli e antipatici, che rispecchiano una società consumistica e futile, costellano il film senza il riscatto di uno sguardo accattivante e benevolo che c’era invece ne
Il gusto degli altri.

Qui tutto è più acido, intollerabile, a cominciare dallo scrittore arrivato, la cui ottusità psicologica e infantilismo sentimentale appaiono addirittura eccessivi. Si ride con amarezza, ci si diverte con una colonna sonora di estrema raffinatezza, si ammira la veridicità dell’ambiente ma si avverte anche un certo programmatico manicheismo che a mio parere inficia un po’ la sottesa denuncia.

In una galleria esemplare di «mostri» gli unici a non essere tali, a negare l’asserto del titolo italiano
(Così fan tutti)
sono esemplarmente le donne e il giovane d’origine araba: come dire che nella nostra società «corrotta» la salute è ancora in chi vive ai margini.
Mozart e Lorenzo da Ponte erano stati ben più lineari ed estremi!
(piero gelli)