C

Certi bambini

Inesorabile. Inesorabile e tremenda la discesa agli inferi camorristi di questo figlio di Napoli (ma potrebbe trattarsi di Palermo, Los Angeles o Bogotà), che vede crescere il suo odio di pari passo con l’amore e che non sa distinguere l’uno dall’altro finendo per gettarsi nelle braccia del suo carnefice credendolo la figura paterna che non ha mai avuto. Ma andiamo con ordine.

Rosario (Gianluca Di Gennaro) ha 11 anni e vive con la nonna (Nuccia Fumo), inferma e parecchio via di testa, in un quartiere popolare di Napoli. Si prende cura di lei come può e le tributa un affetto sincero. Ma fuori di casa Rosario non è altro che uno dei tanti teppistelli che si ritrovano al bar Las Vegas, dove lo spregevole Casaluce (Sergio Solli) approfitta di loro in tutti i sensi, utilizzandoli per ogni sorta di «lavoretto». Un pomeriggio Rosario, indossata la maglia da calcio e preparata la borsa, saluta la nonna e va a prendere la metropolitana. Tra una fermata e l’altra la sua mente ripercorre i momenti salienti della sua pur breve esistenza, saltando da un fatto all’altro, talvolta sovrapponendo il ricordo al presente. Piano piano si verrà così dipanando il doppio binario della sua vita: i giochi mortali con gli amici (terrificante e assai poco istruttiva la scena dell’attraversamento a perdicollo dell’autostrada) e la tenera dedizione alla nonna; i furti, le aggressioni e l’innamoramento per la bella e tormentata Caterina, conosciuta al centro di accoglienza mandato avanti da un «prete coraggio». Rosario è una spugna che assorbe tutto, nettare e veleno, non sapendo distinguere tra bene e male. Non può, nessuno gliel’ha mai insegnato. Ma intanto la corsa per accaparrarsi la sua giovane anima è già cominciata. E sarà la camorra ad arrivare prima.

Tratto dal fortunato romanzo di Diego Da Silva,
Certi bambini
prova a raccontare la parabola esistenziale di un ragazzino abbandonato a se stesso nel cuore del nulla metropolitano. Lo fa attraverso il meccanismo confuso ma efficace della memoria, dove le immagini, prima di comparire sullo schermo, lacerano la mente del bambino come rapide unghiate della coscienza, ferite dalle quali sanguinano i ricordi, mescolandosi in un vissuto dove dolcezza e dolore si avviluppano in una danza inestricabile e mortale. Girato con maestria forse persino eccessiva da Andrea e Antonio Frazzi, che si erano già cimentati con il tema della realtà vista con gli occhi dei bambini ne
Il cielo cade,
vincitore nel ’99 del Festival del cinema per ragazzi di Giffoni, il film ha il merito di mettere ancora una volta il dito nella piaga della delinquenza minorile, dell’ignoranza, della carenza di cure e di affetto che conducono tanto spesso giovani indifesi a trasformarsi in letali strumenti di morte, a vendersi per una carezza al più temibile degli assassini. Inesorabilmente. Il film si avvale del contributo dell’Istituto Luce e del finanziamento del Ministero per i beni e le attività culturali. Distribuito da Mikado.

(enzo fragassi)