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Buongiorno, notte

Il 16 marzo del 1978 i terroristi delle Brigate Rosse rapiscono il Presidente della Democristiana Cristiana, Aldo Moro. Sono tre uomini e una donna: Mariano, Enzo, Ernesto e Chiara. Affittano un appartamento, lo arredano, preparano la stanza dove terranno segregato Moro. Lo trasportano dentro una cassa. Lo Stato italiano e le sue istituzioni vengono colpite al cuore. I cinque trascorrono insieme 55 giorni. Mangiano le stesse cose. Chiara esce ogni giorno per andare al suo lavoro, torna con la spesa e i giornali. Sembra che tutto debba andare avanti all’infinito ma poi le Brigate Rosse votano per la condanna a morte del leader democristiano.
Ispirato a Il prigioniero, il libro di Anna Laura Braghetti, una dei carcerieri di Moro, Buongiorno, notte ripercorre uno dei periodi più drammatici del dopoguerra. Chiara è l’occhio dei terroristi sul mondo. Annusa le reazioni della gente, porta dentro casa l’odio, l’incomprensione, l’indifferenza. Si commuove per le lettere di Moro che le ricordano quelle del padre, partigiano giustiziato dai fascisti. Non condivide la decisione di ucciderlo. Bellocchio immagina per la brigatista una conversione finale, un risveglio. Così Chiara sogna Moro libero per la città. Un finale diverso, surreale. Nel film gli uomini e le donne fanno la storia, mentre piegano le calze, cucinano la minestra e guardano la televisione. È stato detto che il pregio del film è quello di non cercare a tutti i costi la teoria del complotto politico. La delicatezza della scelta stilistica non salva però nessuno. Le immagini del funerale di Moro con la sfilata dei politici, il papa sulla portantina, vale molto di più di ogni parola. Buongiorno, notte merita di essere visto: ottimi gli interpreti tra cui Maya Sansa (Chiara), Luigi Lo Cascio (Mario Moretti) e Roberto Herlitzka (Moro). Una pellicola che tiene bassi i toni e lascia nello spettatore la voglia di approfondimento, di ricerca storica. Bellocchio ha dichiarato: «l’oggetto del mio film non è la verità storica. Non mi ha interessato, pur essendo argomento di fondamentale importanza, capire chi c’era dietro i terroristi, affrontare quel dibattito sul complotto che per anni ci siamo portati dietro. Da lì l’invenzione, che a un certo punto reagisce, non ci sta, come invece non è avvenuto nella realtà». (francesco marchetti)