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Billy Elliot

Billy Elliot è un adolescente con la vocazione per la danza classica, che nel nord Inghilterra – dove vive – è considerata cosa da femminucce. Nascondendolo al padre e al fratello, minatori impegnati nello sciopero anti-Thatcher, Billy segue lezioni di danza aiutato da un’insegnante che ha riconosciuto il suo talento e che desidera proporlo per un’audizione presso una prestigiosa scuola di Londra. Billy Elliot si colloca molto al di sopra della media dei prodotti per ragazzi. E se solo lo paragoniamo a film italiani quali Domani e Domenica ci rendiamo immediatamente conto di quanto spessore sociologico e quanta capacità di sintonizzarsi con l’universo adolescenziale sia presente in quest’opera prima di Stephen Daldry. Certo, è indubbio che Billy Elliot giochi abbastanza sul sicuro e non rinunci qua e là a essere accattivante e conciliante (specialmente nell’ultima sequenza, che stona con l’impianto realistico dell’intero film). Da questo punto di vista, il parallelo con Full Monty calza a pennello a Billy Elliot : entrambe le pellicole condividono la tendenza diffusa nel cinema inglese contemporaneo a spingere la protesta sociale sul piano dell’umorismo e a non negare in ultima analisi un lieto fine consolatorio.
Insomma, a fronte di un modello cinematografico rigoroso e intransigente – comune a molte delle migliori opere di ambiente operaio e proletario di Ken Loach, Stephen Frears e Mike Leigh – Billy Elliot , analogamente a Full Monty e Svegliati Ned , rivela un bisogno di spingere sul pedale commerciale trasformando gli spunti satirici in fruttuose occasioni da commedia. In compenso il film di Stephen Daldry conserva un’ammirevole sincerità di fondo, che tempera anche molti passaggi convenzionali: il clima familiare perennemente teso, la descrizione della realtà di un piccolo centro messo in crisi dalla vertenza sindacale, la capacità di far coesistere la «fiaba» di Billy con la consuetudine di un’ingrata esistenza vengono delineati con sapienza e semplicità. E senza ricadere nella roboante e plastificante retorica del cinema per ragazzi made in Usa. Davvero niente male per questo racconto di formazione, inscritto in una struttura lieve, straniante e bizzarra da musical. Tre nomination agli Oscar. (anton giulio mancino)