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Bambi

Nella foresta, è appena nato il principino, un cerbiatto che incomincia a muovere i primi, tentennati passi; pronuncia la prima parola («uccellino»); scopre la natura. E scopre i leprotti, le quaglie, il gufo, gli scoiattoli, il topino, i fiori, la puzzola (che chiamerà «fiore»)… Intanto con mamma cerva si avventura nella prateria dove echeggiano degli spari: «È l’uomo», spiega la madre. Arriva l’inverno con la foresta che imbianca. Un’altra sortita in prateria e uno sparo uccide la mamma – scena terrificante per i bambini, anche se la morte non si vede ma si intuisce dallo sparo, dal mancato arrivo di mamma cerva nella grotta e dalle strazianti invocazioni di Bambi. Il cerbiatto allora comincia la sua vita nella foresta da solo. La natura fa il suo corso, sboccia la primavera, per gli animali è la stagione degli amori. Poi Bambi, già cresciuto, salva gli amici cervi da un incendio. E alla fine diventa padre di due splendidi cerbiatti, accuditi da Faline, la cerbiatta che lo aveva fatto diventare rosso per la timidezza quando era cucciolo.
Quinto lungometraggio di Walt Disney, dopo Biancaneve, Pinocchio, Fantasia e Dumbo , dell’anno prima. Per la verità zio Walt aveva cominciato a pensare alla storia del cerbiatto già dal 1937, prima dell’uscita di Biancaneve , ma il lavoro era costosissimo e pur di non intaccarne la qualità, preferì rimandarne l’uscita. È un film molto poetico, dove protagonista è la natura (è l’unico film Disney, fino al Re Leone , dove non compaiono figure umane). Gli sfondi sono capolavori di lirismo e perfezione. C’è la foresta (dipinta, basta guardare le scene di apertura, con estremo realismo), c’è Bambi, ma ci sono tutti gli altri animali che il team di animatori studiò con ossessività: furono persino portati negli studi dei cervi vivi e vegeti per studiarne i movimenti e la struttura, i dettagli furono analizzati sui libri e guardando decine di documentari. Come negli altri film della Disney, ci sono i personaggi buffi come Tamburino il leprotto o Fiore la puzzola, ci sono le scene comiche (la pattinata sul ghiaccio con relative cadute, i rossori degli animali ai primi amori, la scoperta della neve…).
Eppure, manca qualcosa in Bambi , che non è considerato un capolavoro della ditta del papà di Topolino È come se mancasse la trama. In fondo, a parte la morte di mamma cerva uccisa dai cacciatori, la storia di dipana secondo i ritmi placidi, soliti, tranquillizzanti della natura. E poi come nota Christopher Finch in The Art of Walt Disney c’è altro che non convince, mai, fino a Bambi , gli animali che parlavano e agivano alla maniera umana avevano disturbato. Perché un Pinocchio che incontra il gatto e la volpe sono evidenti metafore dei comportamenti umani. Immediata è la dimensione fantastica. In Bambi è diverso: il film punta a un naturalismo che non rientra nella dimensione fantastica della favola. I coniglietti sono amici del gufo che nella realtà se li mangerebbe vivi e Bambi parla come l’uomo che lo caccia per ucciderlo. «It’s very difficult to reconcile these contraddiction», scrive il Finch, è molto difficile conciliare queste contraddizioni. È comunque un film importante nella storia della Disney: a parte il perfezionamento dell’uso della multiplane camera (effetto profondità), il team dei disegnatori accumulò una tale mole di esperienza da poter affrontare, in seguito, qualunque personaggio. Vale la pena ricordare gli animatori: Marc Davis, Oliver M. Johnston jr., Milt Kahl, Eric Larson, Frank Thomas. (raffaella rietmann)