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A tempo pieno

Vincent sembra trascorrere felicemente il tempo tra viaggi di lavoro e riunioni d’affari, condividendo con la moglie e i loro tre figli solo vaghi dettagli a riguardo. In realtà Vincent ha una doppia vita, tutto quello che racconta alla moglie è falso, perché è stato licenziato dal suo posto di lavoro. Si inventa un ruolo prestigioso all’Onu a Ginevra e questo gli permette di viaggiare continuamente. Vincent vive di espedienti, dorme in macchina e tutto sommato la sua vita randagia non gli dispiace. Adora andare in auto, fumare e ascoltare la musica, senza dover rendere conto a nessuno. Alla fine però il suo castello di carte crolla ed è costretto a rientrare a pieni giri nella società, con un vero lavoro. Dopo la splendida prova di Risorse umane, sul tema del lavoro e delle 35 ore, Cantet ci regala un altro goiellino cinematografico, molto ben confezionato, recitato perfettamente e con i tempi giusti. Viaggio nella psiche umana che rifiuta i binari imposti dalla società, ciò che è giusto, preferendo una situazione precaria, che lascia il tempo per se stessi. L’impiego del tempo, appunto, come dal titolo originale. Dedicato a quelli che lavorano 15 ore al giorno e sognano di mandare tutto all’aria. Premiato con il Leone dell’anno alla 58esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. (andrea amato)