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21 Grammi

Paul Rivers è un professore di matematica, cardiopatico, cui resta solo un mese di vita. Sua moglie vuole un figlio da lui, e vuole ricorrere all’inseminazione artificiale. Cristina Peck è moglie e mamma con un bravo marito Michael e due bellissime bambine, anche se in gioventù non deve essere stata una santa. E poi c’è Jack Jordan, un balordo che ha fatto dentro e fuori dalla galera e che è diventato un integralista cattolico (altro che islamici…) al limite del ridicolo. Tre vite, tre famiglie, tre storie. Che fatalmente si intrecciano. Perché il balordo sul suo furgoncino con la scritta «Jesus loves you» prende a tutta velocità una curva, investe il marito e le bambine di Cristina e li uccide. Il cuore di Michael viene donato a Paul che sopravvive. E sarà proprio lui ad andare a cercare Cristina per saperne di più su chi gli ha ridato la vita. I due finiranno uno tra le braccia dell’altra, mentre lo sconclusionato Jack…

Alejandro González Iñárritu è l’acclamato autore messicano di
Amores Perros
(1999) che affronta anche questa volta la vita e i suoi tristi casi. Al centro della vicenda, un incidente automobilistico che stronca la vita a tre persone, la illumina a un’altra, la stravolge a una terza. Queste tre vite (moltiplicate poi per i vari componenti delle tre famiglie) si frantumano come nell’andamento, frammentario e spezzato, del film che procede per quadri, per flash back senza alcuna linearità temporale (e con qualche fastidio per lo spettatore). Nella provincia americana più anonima e più normale (all’inizio il film doveva essere ambientato in Messico) con le villette a schiera, l’oratorio, il furgoncino molto Usa, i motel… Iñárritu mette insieme tanti temi scottanti: i trapianti (ma niente a che e vedere con le emozioni trasmesse da Almodovar), gli incidenti stradali, il fanatismo religioso (irritante ai limiti della sopportazione), l’inseminazione artificiale, la disoccupazione… La morte. Ecco in questo film dal ritmo sostenuto (quasi tutte le riprese sono state fatte con una cinepresa a spalla per accentuare nelle intenzioni degli autori l’atmosfera di tensione e l’immediatezza) manca l’emozione, manca il coinvolgimento. Si guardano tragedie inenarrabili (una mamma che perde le sue bambine, un uomo rantolante che sa di avere le ore contate…) e si rimane freddi. Forse perché le tragedie sono un po’ troppe. E anche l’amore è disperato. Le vie d’uscita – quasi tutte – sono bloccate. Ma è la filosofia di Iñárritu: «Questo film – ha dichiarato – medita su alcune difficoltà della vita: la perdita, l’assuefazione, l’amore, la colpa, la coincidenza, la vendetta, l’obbligo, la fede, la speranza e la redenzione. Mi piacciono i personaggi sfaccettati e contraddittori, come sono io e come, credo, sono tutti gli esseri umani che conosco. Nessuno è semplicemente buono o cattivo. Tutti noi galleggiamo in un immenso universo di circostanze, mi piace mostrare la debolezza e la forza dei miei personaggi, senza giudicarli, perché solo allora essi riescono a rivelare la propria condizione umana».
21 Grammi
è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2003: Sean Penn per la sua interpretazione si è aggiudicato la Coppa Volpi come miglior attore. E davvero Penn è strepitoso riuscendo a passare, in modo assolutamente convincente, dalla parte del marito annoiato a quella del moribondo, dell’uomo fragile e disperato a quello dell’amante forte e protettivo. Bravi anche Naomi Watts
(Mulholland Drive, The Ring)
e Benicio Del Toro (Oscar per
Traffic).
Il titolo merita una spiegazione. quei 21 grammi sarebbero il peso che un essere umano perde nel momento del trapasso. Il peso dell’anima, insomma. «Il peso di cinque nichelini uno sopra l’altro. Il peso di un colibrì. Il peso di una barretta di cioccolata…».
(d.c.i)