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20 Dates – L’amore in venti incontri

Per fare un film ci vogliono idee e soldi; la qualità delle prime può in alcuni casi compensare alla carenza dei secondi (e viceversa, a dire il vero) e produrre quello che i critici amano definire «un piccolo film intelligente». Non è questo il caso di Berkowitz che cerca di cucinare 90 minuti di pellicola stirando in tutti i modi una singola modesta trovata: invitare a cena venti ragazze e quindi filmare tutto quello che succede. L’assenza di una storia, per non dire di una sceneggiatura, è tematizzata dal film che, attraverso la voce e la faccia non particolarmente attraente del suo autore e protagonista, ci dice che la vita vera non sta nei film di Hollywood (ampiamente citati da Singin’ in the Rain a Titanic ) ma nella realtà di tutti i giorni. 20 dates si presenta quindi come una non-fiction, con tutti gli ammiccamenti e i trucchetti del caso (dall’operatore che inciampa nell’idrante al mascheramento dei volti dei passanti che non hanno firmato la liberatoria), ma non riesce neppure per un momento a non essere prevedibile e risaputo. Il falso documentario (o mockumentary, come lo chiamano gli americani) dovrebbe per statuto viaggiare sul filo dell’ambiguità, ma è fatica sprecata cercare in questo film anche un solo ambiguo brivido voyeuristico. Troppo sciocco anche per essere immorale. (luca mosso)